Poco è bello. Supreme docet. Ma cosa succede quando entra in ballo la personalizzazione dei consumi? Siamo davvero pronti per essere unici?
Se ci pensate è così per tutto non solo nella moda: ciò che attribuisce maggior valore ad un prodotto, ad un servizio o ad un’abilità è la difficoltà nel reperirli e la rarità (se possibile unicità). La ricerca diventa così gratificante e il possesso simbolico.
Che le cose limitate nella quantità o nel tempo fossero percepite come di maggior valore se ne accorsero tra i primi, nel 1975, i ricercatori Worchel, Lee e Adewole. Chiesero un’opinione su alcuni biscotti che avevano offerto ai partecipanti del test. I biscotti erano perfettamente identici, ma apparvero nettamente migliori quelli contenuti nella confezione da 2 piuttosto che in quella da 10. Touché.
Che dire poi delle offerte a tempo, di cui Amazon e eBay fanno ampio uso, e che cavalcano il sentimento comune che la perdita di qualcosa sia più forte e dolorosa del piacere di ottenerla. Questa faccenda si è guadagnata persino un nome: FOMO, Fear of Missing Out, ovvero, secondo il Dr. Herman, “il timore di non riuscire a cogliere tutte le opportunità a disposizione, unito alla mancanza della gioia del non riuscire a farlo”.
Nulla di nuovo in fondo. Uomini e donne di ogni epoca hanno lasciato stuoli di cuori infranti utilizzando la stessa strategia.
L’esempio perfetto è certamente quello di Supreme che lascia i propri utenti davanti ad un e-commerce con più della metà dei prodotti online sold-out, organizza le vendite con tempistiche precise (drop settimanale) e ha aperto solo 10 negozi in oltre 20 anni di attività, che sono quasi più dei templi in cui fantasticare che dei punti vendita dove acquistare. Persino un mattone brandizzato andò subito sold-out al prezzo di 30$. Un affare.
A rompere l’incanto però oggi si aggiunge l’inizio dell’era dei consumi personalizzati. A partire da Amazon che ti consiglia i libri più adatti alla tua personalità in base agli acquisti fatti di recente, Netflix che ti segnala serie TV in linea con ciò che guardi abitualmente e una miriade di app che ti aiutano a trovare il tatuatore migliore o a creare il profumo o gli integratori sportivi in base alle tue preferenze ed esigenze. Persino la medicina sta esplorando questo scenario, studiando farmaci personalizzati in base al nostro DNA. Cosa ci può essere di più esclusivo di un prodotto unico, fatto apposta per me? Roba che fino a qualche anno fa era appannaggio solo di star e regine.
Se quella delle t-shirt Supreme è una scarsità artificiale, indotta, non motivata dalla qualità o dall’originalità, quella legata alla personalizzazione è un’esclusività ineluttabile perché collegata alla propria identità. Si passa dall’acquisto di un prodotto che mi classifica come “appartenente” ad una classe o a dei valori ad un prodotto che veicola i miei valori e la mia personalità. A patto di averne una… 😉